Data Card - Hydrogeological instability

13/10/2020

Martedì 13 ottobre è la Giornata internazionale per la riduzione del rischio di catastrofi delle Nazioni Unite, coordinata dall'United Nations Office for Disaster Risk Reduction (UNDRR). Nel 2020 l'appuntamento è dedicato al tema della governance, e quindi alla capacità dei Paesi di predisporre "strategie per la riduzione del rischio di disastri a livello nazionale e locale".

Nella concept note dell'UNDRR si dà conto dei problemi strutturali legati al clima e alla gestione del territorio, dal momento che "la maggioranza delle persone che hanno subito gli effetti negativi di una catastrofe tra il 2000 e il 2019, oltre il 90 per cento, sono vittime di eventi legati al clima".
Uno dei focus evidenziati nel documento è anche la pandemia Covid-19 (qui, sul sito di OpenCoesione, sono raccolti i documenti legati alla "Strategia per il contrasto all’emergenza Covid-19 con le politiche di coesione"), a causa dell'impreparazione evidenziata nell'affrontarla. Per questo, OpenCoesione dedica questa Data Card agli interventi delle politiche di coesione contro il dissesto idrogeologico. Nei cicli di programmazione 2007-2013 e 2014-2020, in particolare, il nostro Paese ha  promosso attraverso la politica di coesione 7.250 interventi contro il dissesto, con un costo totale pubblico di 7,8 miliardi di euro (i pagamenti sono pari a 3,5 miliardi di euro, il dato è aggiornato al 30 giugno 2020). Gli opendata di tutti i progetti sono raccolti nel Focus di OpenCoesione dedicato al dissesto

Le Nazioni Unite e la riduzione del rischio
Il documento di riferimento delle Nazioni Unite è il Quadro di riferimento di Sendai per la riduzione del rischio di disastri (2015-2030), un documento internazionale adottato dagli stati membri delle Nazioni Unite il 15 marzo 2015 durante la Conferenza mondiale sulla riduzione del rischio di disastri tenutasi a Sendai, in Giappone, e approvato dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel giugno 2015. Il quadro di Sendai stabilisce quattro priorità d'azione specifiche: comprensione del rischio di catastrofi; rafforzamento nella gestione del rischio di catastrofi; investimenti nella riduzione del rischio di catastrofi per la resilienza; miglioramento nella preparazione alle catastrofi, per una risposta efficace e ricostruire meglio nella fase di recovery, nella riabilitazione e nella ricostruzione.

La concept note dell'UNDRR spiega che "gli Stati restano i principali responsabili nel prevenire e ridurre il rischio attraverso il coordinamento tra tutti i soggetti interessati, una pianificazione adeguata, la supervisione nell'implementazione e nel rafforzamento delle istituzioni responsabili della riduzione del rischio", e aggiunge che "il successo nella riduzione del rischio di disastri dipende dalla capacità di risposta acquisita dalle autorità locali, e dalla dotazione di risorse che queste hanno a disposizione".

L'Italia, il dissesto idrogeologico e le politiche di coesione
L'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale ha pubblicato nel 2018 la seconda edizione del rapporto sul Dissesto idrogeologico in Italia. I principali dati indicano che 7.275 comuni (91% del totale) sono a rischio per frane e/o alluvioni, che il 16,6% del territorio nazionale è classificato a maggiore pericolosità, che 1,28 milioni di abitanti sono a rischio frane (sono 621mila i fenomeni franosi censiti) e oltre 6 milioni di abitanti a rischio alluvioni, essendo esposti ad uno scenario di pericolosità media.
Tra il 1966 (l'anno dell'alluvione di Firenze) e il 2015 gli eventi di frana e di inondazione hanno causato 1.947 morti, 69 dispersi, 2.534 feriti e 412.087 evacuati e senzatetto.

"Nel nostro Paese, manca ancora una credibile, seria e diffusa politica di previsione e prevenzione, da attuare attraverso specifici strumenti di analisi ed attraverso una pianificazione che abbia la gestione sostenibile e duratura del territorio come primario criterio guida, riconoscendolo come risorsa da proteggere e da gestire piuttosto che da sfruttare" spiega una rassegna valutativa elaborata dalla Rete dei nuclei di valutazione e verifica degli investimenti pubblici. Secondo il documento, "le risorse finanziarie spese sono largamente finalizzate a gestire emergenze, con ritardi sulle reali esigenze di tutela ed in assenza di un quadro di riferimento unitario entro il quale collocare la fase e gli strumenti di prevenzione. Dal 1998 al 2018 l’Italia ha speso circa 20 miliardi  di euro per riparare i danni causati dal dissesto (circa un miliardo l’anno in media) a fronte di 5,6 miliardi di euro investiti in opere di prevenzione (circa 300 milioni l’anno)". 

È cronaca recentissima l’alluvione che ha colpito il Piemonte il 1 e 2 ottobre 2020 a seguito delle intense precipitazioni, con danni stimati di circa un miliardo di euro.

Le politiche di coesione, comunitarie e nazionali, hanno promosso interventi di prevenzione e difesa dal rischio idrogeologico fin dagli inizi degli anni Duemila, con il Quadro Comunitario di Sostegno Obiettivo 1 2000-2006. Hanno sostenuto la predisposizione e adozione degli strumenti di pianificazione e programmazione settoriale allora di fatto assenti nelle regioni del Mezzogiorno, anche attraverso azioni mirate di assistenza tecnica. Nella consapevolezza dell’importanza della tenuta del territorio, le politiche di coesione hanno proseguito la loro azione di sostegno per la prevenzione e difesa del suolo, con concentrazione finanziaria prevalente nel Mezzogiorno, a cui è destinato il 76,02% del costo pubblico monitorato nel ciclo 2007-2013 e il 55,68% nel ciclo 2014-2020. L'83 per cento dei progetti finanziati nel ciclo 2007-2013 e il 67 per cento di quelli relativi al ciclo 2014-2020 hanno una taglia inferiore al milione di euro. Sui due cicli, i 2 grandi progetti", quelli che valgono oltre dieci milioni di euro, sono appena 77 (l'1 per cento del totale), ma sommano il 22,78% dell'investimento complessivo.
Nel ciclo 2014-2020, oltre un terzo delle risorse complessive (1,39 miliardi di euro su 4,16) sono stanziate su progetti la cui taglia supera i dieci milioni di euro.
Per quanto riguarda il ciclo di programmazione 2014-2020, sul portale OpenCoesione sono monitorati 36 progetti che fanno riferimento al Piano - Dissesto Idrogeologico finanziato dal Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (FSC), per un valore complessivo di 800,7 milioni di euro (e pagamenti monitorati per 120,6 milioni di euro)

Progetti
Nella selezione dei quattro progetti per questa Data Card si è voluto dare evidenza a due aspetti: interventi in zone fortemente segnate negli ultimi anni da eventi calamitosi; interventi che sperimentano nuovi modelli di governance, tema o di estrema rilevanza per l’efficacia degli interventi  e uno degli obiettivi della strategia per la riduzione del rischio di disastri a livello nazionale e locale.

I primi tre progetti riguardano la città di Genova, in Liguria, e l'area di Lesina, in Puglia.

Si tratta di progetti che presentano ancora uno stato di avanzamento iniziale, nonostante siano stati avviati da diversi anni, che testimonia la lunghezza dei tempi di progettazione e realizzazione in questo ambito di policy osservata per tutti i progetti monitorati nel portale OpenCoesione anche a causa di una frammentazione delle competenze e della debolezza amministrativa dei soggetti attuatori.

Il quarto progetto è legato alla cooperazione territoriale (CTE) e introduce forme di cooperazione istituzionale transfrontaliera , prevede il rafforzamento della strumentazione  utile alla prevenzione dei fenomeni dissesto e un ampio coinvolgimento dei cittadini.

1. Messa in sicurezza della città di Genova
I due progetti più importanti monitorati su OpenCoesione nell'ambito della lotta al dissesto idrogeologico riguardano la città di Genova (574mila abitanti al 1° gennaio 2020, ISTAT), e in particolare il torrente Bisagno, che attraversa – “tombato” - il capoluogo ligure.
Nel 2011, in particolare, l'esondazione del Fereggiano, uno dei suoi affluenti, causò la morte di 7 persone.
È in corso l'intervento di adeguamento idraulico-strutturale del tratto terminale del Bisagno: si tratta de terzo stralcio del secondo lotto, un intervento che vale 95 milioni di euro.
I lavori prevedono la demolizione dell’attuale impalcato (risalente agli anni 30) con l'abbassamento dell’attuale quota d’alveo per circa 2 metri, sotto murazione degli argini esistenti, e la realizzazione del nuovo impalcato stradale (secondo quanto previsto dalle ultime normative compresa quella sismica).
In questo modo la portata passa dai 450 m3/s agli 850 m3/s con uno spazio tra il pelo libero dell’acqua e l’impalcato stradale di 1 metro.
A questo progetto si accompagna quello (appaltato nel maggio del 2020) relativo allo scolmatore del Bisagno, una galleria di 9,8 metri di diametro lunga 6 chilometri e mezzo, che permetterà di smaltire direttamente in mare 450 metri cubi al secondo d’acqua, portando il deflusso totale a 1300 metri cubi d'acqua al secondo. Il progetto prevede un investimento di 165 milioni di euro.
Entrambi gli interventi sono finanziati dal FSC 2014-2020.

2. Interventi di messa in sicurezza del territorio di Marina di Lesina
Le prime evidenze di dissesto del suolo a Marina di Lesina (le sinkole), in provincia di Foggia, determinarono nel 2008 la dichiarazione dello stato di emergenza: cavità e  cedimenti sono dovuti principalmente alla dissoluzione dei gessi.
Il progetto ha l'obiettivo di consolidare il terreno attraverso iniezioni di miscele intasanti a ridosso della zona edificata, nei pressi del Canale Acquarotta e del centro abitato. Verrà ristabilita la situazione preesistente al posizionamento di gabbionate di pietre alle pareti del canale, che verrà impermeabilizzato.

Il progetto, 14,5 milioni di euro di investimento atteso, è stato oggetto di monitoraggio, nell’ambito dell’iniziativa  A scuola di OpenCoesione, nell'anno scolastico 2019-2020 da parte del team “MARE NOSTRUM” dell’istituto tecnico commerciale "A. Fraccacreta" di San Severo (FG).

3. AdriaMORE Adriatic DSS exploitation for MOnitoring and Risk management of coastal Extreme weather and flooding
Finanziato dal programma di Cooperazione transfrontaliera Italia-Croazia 2014-2020, il progetto AdriaMORE - che coinvolge quattro partner nei due Paesi - nasce per migliorare la piattaforma esistente di gestione integrata del rischio idro-meteorologico delle aree costiere transfrontaliere. L'obiettivo principale del progetto - che ha ricevuto un finanziamento pubblico 1,15 milioni di euro - è lo scambio delle migliori pratiche sul tema della governance istituzionale, e il supporto alle autorità che gestiscono navigazione marittima, traffico aereo e acque urbane, mettendo inoltre a disposizione dei cittadini i risultati ottenuti dal progetto attraverso la piattaforma come strumento di "Decision Support Systems".

Il carattere innovativo di AdriaMORE è la messa a punto del sistema di previsione idro-meteo-marino integrandolo nel sistema ICT sviluppato grazie a progetti precedenti. Ciò risponde alla necessità di definire un sistema comune e condiviso di monitoraggio e previsione idro-meteorologico-marittima per le coste del mare Adriatico, in caso di alluvioni e fenomeni meteorologici estremi.

Sulla base degli indicatori di progetto sono state raggiunte 1.700 persone con azioni di sensibilizzazione, composte principalmente da rappresentanti della protezione civile dei Comuni italiani e croati, servizi di soccorso alpino e marittimo, forze di polizia e autorità portuali/fluviali. Sessanta persone sono state coinvolte nei seminari scientifici internazionali online / in aula organizzati dal CETEMPS (Center of Excellence Telesensing of Environment and Model Prediction of Severe events, con sede a L'Aquila) in qualità di partner scientifico del capofila.